Laigueglia
Con i suoi carruggi, le piazzette a mare, i toni rosa-lilla delle case, Laigueglia ha il fascino di vecchio borgo marinaro perduto ormai dalla maggior parte dei comuni liguri rivieraschi.
Il borgo dei pescatori all’ombra della chiesa Un ambizioso progetto vuole ricongiungere la chiesa al borgo, quando sarà smantellata la ferrovia che ora la separa da esso.
Intanto, dalla spiaggia che d’inverno si riempie di barche variopinte e di reti, e ancor più dal molo in via di riqualificazione, si nota la particolare forma quasi ad anfiteatro dell’abitato, che è l’unico – nel bailamme della costa disseminata di cemento e inutili porti turistici - a non aver alterato gran che la sagoma degli edifici, mantenendone i volumi e le altezze.
Certo, stringe il cuore a vedere com’era il litorale di Laigueglia nelle cartoline d’inizio Novecento, quando furono costruiti i primi alberghi, e ancora non c’era stata la devastazione edilizia del cemento armato a spezzare le antiche armonie.
Ma qui, appunto, il cuore antico è rimasto, continua a pulsare nelle sue piazzette, nei suoi vicoli, nei suoi colori, nel torrione saraceno del 1564, così chiamato perché parte delle postazioni di difesa dalle invasioni piratesche (è l’unico rimasto dei tre originari).
Laigueglia non è ricca di grandi opere d’arte, oltre la parrocchia, ma invita a cercare le espressioni, anche minori, della creatività locale, tutta incentrata sul rapporto col mare.
Da qualsiasi parte si indirizzi lo sguardo, non si può sfuggire ai due campanili, sormontati da cupole in maiolica colorata, della chiesa di San Matteo. Le due croci che svettano in cima ai campanili seguono le direzioni del maestrale e del libeccio.
La parrocchia è il monumento barocco che più rispecchia la storia del paese:
la posa della prima pietra della nuova chiesa si ebbe nel 1715, quando la pesca corallina era al culmine e la popolazione poteva permettersi di ampliare il vecchio oratorio dedicato a San Matteo, la cui fondazione risale, forse, al IV secolo.
La chiesa nella sua forma attuale è frutto di successive trasformazioni avvenute tra il 1754 e il 1783, e di un ulteriore restauro dopo il terremoto del 1887. Presenta una pianta a croce latina e interessanti opere, tra cui l’Assunta del pittore secentesco Bernardo Strozzi, un’acquasantiera in marmo del 1561, la preziosa statuetta dell’Ecce homo, in legno policromo, del celebre scultore ligure Antonio Maragliano (1664-1739) e un’opera di Benedetto Musso, pittore locale che si distingue nell’arte ligure dell’Ottocento per il suo particolare lirismo. Illuminata, di notte, sembra far la guardia al borgo.
Accanto alla parrocchia è da visitare l’oratorio di Santa Maria Maddalena (1616-34), che apparteneva alla congregazione dei Disciplinanti.
Conserva ancora gli originali panconi secenteschi, l’altare di marmo di Dionisio Corte (1673) e la grande pala d’altare di Domenico Piola dedicata alla Maddalena penitente (1676).
Vi sono custoditi anche un prezioso crocifisso con finimenti d’argento, sempre secentesco, e due ex voto: uno raffigurante il naufragio delle barche coralline (1682) e l’altro un attacco dei pirati (1715).
Da una scaletta che sale dalla via Aurelia si raggiunge la solitaria cappella della Madonna delle Penne, costruita dai pescatori di corallo catalani nel XVII secolo.
E’ così chiamata per l’iscrizione che stava alla base della statuetta: Nostra Señora de la peña (nostra Signora della roccia). Sorge, infatti, sulle rocce del promontorio di Capo Mele, luogo mistico come pochi altri, a picco sul mare.
Ex voto di marinai e pescatori si trovano anche nella chiesa dell’Immacolata (1661), recentemente recuperata. Nel borgo, l’edificio che meglio conserva l’aspetto esterno e la distribuzione interna originaria è il palazzo Musso-Piantelli (1698).
Interessanti anche i caratteri architettonici secenteschi della casa in via Dante in cui nacque nel 1798 Gio Batta Libero Badarò, medico, liberale e filantropo, morto in Brasile a fianco degli indigeni contro il governo imperiale. A lui sono dedicate le scuole elementari e il lungomare di ponente.